giovedì 18 dicembre 2008

sesso, bugie e adsl

copia e incolla da ilmessaggero.it
di MAURO EVANGELISTI
Godetevi queste ore che state trascorrendo sul sito del Messaggero, per molti è meglio del sesso. Non ci credete? Una donna su due fa sapere: toglietemi tutto, ma non internet. Di più: posso rinunciare al sesso, ma non ad essere on line. Sorpresi? Il sondaggio è stato diffuso in questi giorni e spiega che in America è stato chiesto a 2.000 persone: a cosa potreste fare a meno per due settimane, a internet o al sesso? Il 46 per cento delle donne, a sorpresa, ha risposto al sesso. Negli uomini la percentuale scende al 30 per cento, ma forse solo perché spesso è difficile scindere i due piani, fra sesso e internet non c’è proprio tutta questa differenza e l’uno agevola l’altro. Certo, a tutto c’è una spiegazione. Su un blog di un giornalista della Cnn che ha rilanciato i risultati di questo sondaggio una lettrice di Los Angeles commenta sintetica: «Sono sposata, ho già rinunciato al sesso. Non voglio rinunciare anche a internet...». Per quanto sorprendente, l’esito del sondaggio però è influenzato alla carenza d’informazioni che corredano la domanda. Non basta dire «rinunciare al sesso», bisognerebbe anche specificare chi è il partner da snobbare. Non è un piccolo particolare.

martedì 16 dicembre 2008

tevere





lunedì 15 dicembre 2008

in your shoes

per ragioni di sicurezza d'ora in poi i giornalisti dovranno presentarsi scalzi alle conferenze stampa. o, al massimo, con le infradito

giovedì 11 dicembre 2008

scooter, a roma è un vietnam. anzi 'na cambogia

copia e incola da ilmessaggero.it

di MAURO EVANGELISTI
Un giorno bisognerebbe farlo davvero. Un giorno tutti gli scooteristi e i motociclisti di Roma dovrebbero lasciare a casa le due ruote. E muoversi in automobile. A proposito: rigorosamente una persona per ogni automobile, come vuole la tradizione masochista della mobilità di Roma. Perché? Prendiamola alla larga (intanto con lo scooter si fa presto). Pochi lo sanno, ma in Vietnam ci sono molti Vespa club, c’è una sorta di venerazione per questo simbolo a due ruote dell’Italia. A Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, puoi vedere l’intera sede stradale invasa da scooter che avanzano come uno sciame d’api ronzante e indomabile. Bene, forse quella è una delle poche città al mondo in cui c’è una densità di scooter più alta di quella di Roma. E lo scooter a Roma spesso è il “nostro Vietnam”, anzi - spostandosi un poco - ’na Cambogia. Per i lettori non romani: nella Capitale moto e scooter sono circa 600 mila. E quei pazzi che sfidano la pioggia avvolti in pastrani impermeabili ed evitano auto zigzaganti come la freccia dell’indice Nasdaq, sono coloro che - ogni giorno - salvano Roma dall’impazzimento finale. Premesso che la categoria più virtuosa è quella di chi usa il mezzo pubblico o la bicicletta, subito dopo vengono gli scooteristi. Ma per loro non c’è neanche un grazie. Anzi. Ogni volta che si discute di mobilità e sicurezza stradale piovono i commenti di automobilisti che dicono di solito: 1. «gli scooteristi guidano come pazzi, se la cercano» (è vero una parte lo fa, ma nella stessa percentuale degli automobilisti); 2. «gli scooteristi non rispettano il codice della strada» (embè, gli automobilisti romani invece sembrano tutti arrivati da Lugano...); 3. «gli scooteristi lasciano le moto nelle strisce blu e soffiano i posti alle auto» (vero, è previsto dal codice della strada). Insomma, prevale la colpevolizzazione di chi si muove con lo scooter. Ma è proprio lo scooterista romano a correre i pericoli maggiori (una recente ricerca ha indicato la Cassia fra le strade più a rischio per i motociclisti). Gli automobilisti ancora credono nella favola “costruiamo più parcheggi”, quando più parcheggi significa semplicemente più traffico, più ingorghi. Credono alla favola che “un giorno il traffico sarà più scorrevole”: no, può solo peggiorare. E, chissà perché, invece di ringraziare maledicono gli scooteristi. Allora bisognerebbe farlo davvero: per un giorno, magari con la pioggia e lo sciopero dei mezzi pubblici, prendiamo tutti l’automobile. E cominciamo a girare per Roma, in centro come in periferia. Tutti alla ricerca di un parcheggio.

lunedì 8 dicembre 2008

fumata nera

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di MAURO EVANGELISTI
Nel Partito democratico italiano parlano di questione morale. Dimenticano il morale degli elettori. Non è a terra, di più: a forza di scavare già intravede la Nuova Zelanda e sente distintamente la haka degli All Blacks. Nel Partito democratico più fortunato, quello americano, Obama sembrava l’icona di un nuovo mondo cool e rinnovatore. Poi, le piccole delusioni. Si scopre: 1. Obama non ascolta la musica con l’iPod ma con lo Zune della Microsoft (per il quale, al contrario dell’iPod, bisogna precisare che è un lettore Mp3); 2. Obama è riuscito nel miracolo di portare un nero alla Casa Bianca, ma non a smettere di fumare. «Ci ho provato molte volte», assicura, come potrebbe fare nostro cugino agitando nervosamente la sigaretta in uno dei tanti capannelli-cospiratori, avvolti nel fumo, che si formano di fronte ai nostri ristoranti. Ma anche Obama, proprio come nostro cugino, ci ricade e alla fine accende la sigaretta. Ora dovrà vedersela con le norme antifumo alla Casa Bianca. Dove, per la verità, esperienze del passato hanno dimostrato che il gusto del proibito non è sempre ridimensionato dalla solennità del luogo. In campagna elettorale Obama faceva uso copioso di chewingum anti-fumo. Bene, a quanto pare, non funzionano. Durante un’intervista televisiva, il prossimo uomo più potente del mondo, un po’ in affanno non per le troppe sigarette ma perché si sentiva come un quindicenne sorpreso dai genitori con le Marlboro nello zaino, ha confessato che ogni tanto una sigaretta ci scappa ancora. «Ma alla Casa Bianca smetterò». Per fortuna non ha aggiunto “Yes we can”.

sabato 6 dicembre 2008

rosa shopping/4

copia e incolla da ilmessaggero.it
di MAURO EVANGELISTI
La vita vera passa alla cassa del supermercato. Quando ti accorgi che nella prima parte del mese si compra la bistecca di vitello, nella seconda i fagioli cannellini in scatola. Quando gli esperti di statistica degli ipermercati verificano che nelle prime due settimane si usa di più il bancomat, che ti sottrae immediatamente i soldi dal conto corrente. Nella seconda settimana invece spuntano dai portafogli con più frequenza le carte di credito. Perché? Perché spesso ti regala un po' di effimero ossigeno, il pagamento rinviato al 15 del mese successivo. Per arrivare alle carte revolving che ti consentono di pagare a rate anche la spesa da duecento euro (e sono sempre più diffuse, molto pubblicizzate alle casse degli ipermercati di diverse catene).
CERCANDO FRA I RIFIUTI 
La vita vera è quella che, all'estremo certo, racconta Renato Gasperini, direttore dell'ipermercato Panorama di Ostia: «Capisci che c'è qualcosa che non va, quando vedi che al mattino e alla sera ci sono persone che vanno a rovistare fra le cose che buttano i supermercati. Ci sono insospettabili. Romani, non immigrati o rom. E poi c'è la storia delle monete...». 
LA SPESA CON LE MONETINE 
Gli spicci: raccontano nei supermercati che da un po' di tempo a questa parte - nell'era delle carte di credito, del commercio on line, del parcheggio che paghi con il telefonino o delle aste su eBay - è aumentato, sempre nella seconda parte del mese, l'uso degli spicci. Forse i clienti, esaurito in tempi rapidi il montepremi dello stipendio, vanno alla caccia delle monete seminate in casa o in macchina: 1 euro, 2 euro, 50 centesimi...
SI ARRIVA POCO LONTANO 
Come cambiano i consumi dei romani ai tempi della crisi? Alla Confcommercio raccontano: «C'è un segnale interessante: ora che i romani hanno meno soldi in tasca, stanno tirando il fiato i piccoli negozi di vicinato e i supermercati più piccoli. In sintesi: visto che la benzina costa ancora molto, i romani preferiscono fare la spesa sotto casa. E visto che i soldi scarseggiano, si acquistano poche cose alla volta, si fanno più raramente le maxispese, per evitare gli sprechi». Ok, gli ipermercati sono comunque sempre affollati, ma che ci siano difficoltà (per quelli più vecchi) è evidente. E' dell'altro giorno la denuncia di Cgil, Cisl e Uil che parlavano di 125 licenziamenti di Carrefour alla Romanina.
LAST MINUTE AL MERCATO 
Ma la crisi dei consumi, comunque, colpisce tutti. Ai mercati rionali di Roma - tradizionale punto di approdo per i più anziani - c'è una forte diminuzione degli incassi, si correrà ai ripari spezzando la tradizione delle vendite solo al mattino, con apertura anche al pomeriggio. Oggi la spesa ai tempi della crisi, come raccontavano gli operatori del mercato di Ponte Milvio, è quella degli anziani che aspettano mezzogiorno, quando partono le offerte del last minute nei vari banchi dell'ortofrutta: prezzi ribassati perché si avvicina la chiusura.
SOLO OFFERTE 
Altro punto di osservazione importante, il gruppo Auchan presente a Roma negli ipermercati di Porta di Roma e Fiumicino. Confermano la flessione nei mesi di luglio-agosto 2008 rispetto a luglio-agosto 2007 delle vendite degli alimentari, sia pure lieve (0,1 per cento). Patrick Espasa, direttore generale Auchan spa: «E' una crisi economica strutturale. Noi rispondiamo soprattutto con una forte campagna di promozioni». «La crisi da due anni continua a peggiorare ed è ormai diventata drammatica. In una tale congiuntura economica, i consumi continuano a diminuire anche nel comparto alimentare», conferma Antonello Sinigaglia, direttore generale di Sma. Insomma stessa musica, con un passaggio importante: la storia delle offerte, delle vendite sottocosto, dei volantini che illustrano gli sconti. 
4 PRODOTTI SU 10 DAI VOLANTINI
Paolo Poponessi (insieme a Francesco Gallucci) è autore del libro “Il Marketing dei luoghi e dell'emozioni”, che studia le dinamiche dello shopping. Racconta: «Con la crisi dei consumi, c'è più selezione: in sintesi, anche a Roma le famiglie studiano i volantini con le offerte dei differenti super e ipermercati, poi acquistano solo i prodotti con il prezzo ribassato. Si rinuncia alla marca di fiducia, conta solo il prezzo». Lo confermano i dati degli ipermercati romani. Ad Auchan calcolano che una percentuale compresa fra il 30 e il 40 per cento della spesa riguarda prodotti o in offerta, o con il marchio della catena o di primo prezzo.
LA FASE DI STUDIO 
Racconta Marco, 40 anni, professionista, un reddito sopra la media, sposato e due figli piccoli: «Fare la spesa per me e mia moglie è diventato quasi un lavoro. Individuiamo le offerte sulle pubblicità dei giornali e sui volantini. Studiamo, insomma, prima di entrare in un supermercato». Aggiunge Stefano Zerbi, del Codacons, comitato difesa consumatori: «In tempi di crisi, i romani stanno anche guardando con più attenzione agli hard discount, le due o tre catene che vendono prodotti spesso non di marca famosa». 
LA PARABOLA DEI FAGIOLI 
E qui torniamo alla storia della bistecca e ai cannellini in scatola. «I fagioli in scatola sembravano un prodotto destinato a diventare di poca importanza - racconta il direttore di un supermercato - invece, quando gli stipendi nella seconda parte del mese stanno finendo, nei carrelli non vedi più le bistecche. Vedi i fagioli in scatola». La vita vera passa alla cassa. 

rosa shopping/3

Fino a qualche mese si diceva: vedi, i romani, si lamentano per la crisi, risparmiano sugli alimentari e sull’abbigliamento, fanno i salti mortali per pagare le bollette; poi, però, corrono tutti a comprare l’ultimo smartphone, campeggia nei loro salotti il televisore lcd 42 pollici supermoderna, fanno man bassa di navigatori satellitari o iPod. Fino a un anno fa si assisteva a una sorta di follia generalizzata, in cui le grandi catene dell’elettronica proponevano sconti stracciati solo se acquistavi a rate, a tasso zero e pagavi fra sei mesi. Avevi i soldi e volevi pagare subito? Niente sconto. Bene, dimenticatevi tutto, un anno dopo, nei giorni della crisi finanziaria, tutto è cambiato. Primo: l’elettronica ha visto scemare l’effetto traino, si registra su scala nazionale ma anche su scala romana una flessione del 10 per cento. Secondo: le offerte quasi paradossali con sconti solo a quel cliente che un tempo suscitava diffidenza - colui che paga a rate - sono terminate, si vedono sempre meno. Cosa è successo? E’ successo che i romani, alla fine, si sono trovati in difficoltà nel gorgo di rate, piccole o grandi, che si sono accumulate, per la fotocamera digitale piuttosto che per il notebook. Come spiega il direttore di un grande store di elettronica: «Quel tipo di vendita ormai non funzionerebbe più, se il cavallo non ha sete, è inutile mettere altra acqua». Il meccanismo era alimentato soprattutto dalle principale società finanziarie che, legittimamente, per acquisire nuovi clienti, spesso si facevano carico dello sconto che le catene dell’elettronica proponevano. Perché lo facevano, amavano fare beneficenza? No, semplicemente in questo modo acquisivano nuovi clienti nei loro database, potevano analizzare la loro propensione agli acquisti. Soprattutto facevano entrare nel grande gioco dei prestiti e delle rate tante persone che magari si facevano prendere la mano e poi dovevano ricontrattare le diverse rateizzazionei, a condizioni meno favorevoli. Spiegano al Codacons: «Abbiamo sempre contrastato questo tipo di vendite, gli effetti sono stati pericolosi e si vedono soprattutto ora». 
L’elettronica, intanto, non è più la terra promessa dei consumi, l’area privilegiata salvata dalla crisi che interessa tutto intorno i consumi. In una delle catene più importanti a Roma spiegano: Le prime avvisaglie della crisi anche nel nostro settore ci sono state nel secondo semestre del 2007, ma si è riusciti a debellarle abbassando i prezzi, puntando su offerte molto allettanti. In questo modo, però, abbiamo solo anticipato gli acquisti. E oggi tutto il settore frena, soprattutto in una città di Roma dove ci sono state molte aperture di centri commerciali. Così ci sono più soggetti ad avere fette di una torta che è anche diventata più piccola. I consumatori ormai sono molto timorosi, hanno poca fiducia, molti sono indebitati. E anche la febbre del telefonino si è abbassata. Ancora: Non è più come una volta - confermano negli store - sui nuovi smartphone c’è grande interesse, però su una clientela più ristretta. Anche il botto dell’iPhone c’è stato, ma non nelle dimensioni che ci si aspettava. Perché le proposte di vendita sono legate soprattutto agli abbonamenti. E in Italia, dopo che per tanti anni la maggioranza si è abituata alle ricaricabili, non è una formula che piace. Ma quali prodotti si salvano? Gli esperti invitono a distinguere: quando si parla di crisi si può fare riferimento agli incassi, ma anche ai pezzi venduti. In realtà c’è una flessione per entrambe le voci, però vale di più per i fatturati - analizzano - I clienti continuano a consumare, ma acquistando prodotti meno cari. Prendiamo i televisori lcd: certo, continuano ad aumentare le loro vendite, ma anche perché non si acquistano più i televisori con il tubo catodico. Non solo: prima il televisore Lcd lo pagavano 1.000 euro, oggi 499. Cosa potrebbe alimentare le vendite di Natale, c’è un prodotto che potrebbe comunque salvare la stagione? Dagli store osservano: c’è un crollo delle vendite dei navigatori, perché ormai quasi tutti i romani lo hanno già acquistato. E rischiano di fare la fine delle autoradio, divenuto prodotto di nicchia in quanto ormai molte case automobilistiche inseriscono già il navigatore nell’auto appena acquistata. Stanno andando forte i ”netbook”, vale a dire i piccoli computer importanti, molto leggeri - meno di un chilo - che consentono di essere costantemente on line. Ma anche questo è un prodotto di nicchia, che rischia di erodere quote di mercato a notebook più costosi. E allora? Allora - osservano nei megastore - forse ci salveranno i ragazzi e i bambini delle famiglie. Le consolle e i videogiochi continuano ad avere grande potenzialità. E spesso ai figli non si riesce a dire di no». 

rosa shopping/2

Prima scena, negozio prestigioso zona Nomentana. Lui è un professionista quarantenne, classe media un tempo danarosa. Sta comprando un completo, è dubbioso sul prezzo, ma il titolare gli spiega: «Perché vuoi pagare tutto adesso? Mi dai un acconto, poi paghi un po’ alla volta. Ormai fanno tutti così...». Seconda scena, a inizio estate e a conclusione dei saldi. Dopo una stagione in cui negozi di abbigliamento e di calzature hanno parlato di crisi strutturale e non più passeggera, come se tutti - o quasi - i romani avessero deciso che scarpe o maglioni, camicie o completi possono essere rinnovati con meno frequenza, si fanno i conti sui saldi. Doveva essere la grande riscossa, perchè se le famiglie non comprano a prezzo pieno, di sicuro faranno rifornimento con i saldi. E invece... Invece - ricordano i commercianti - su Roma abbiamo registrato una flessione della vendita ai saldi di abbigliamento e calzature con punte del 15 per cento. Terza scena, all’interno di un grande centro commerciale romano e del magazzino di uno dei colossi della moda low cost. Giovanni, quarantenne e single, quindi in teoria soldi da spendere, acquista un paio di scarpe a 24.90 euro, prezzo ribassato. «Appena un mese fa costavano più di 70 euro e le avevo lasciate sullo scaffale - racconta - Prima o poi il prezzo doveva scendere, ormai si acquista solo così...». Ultime scene, per capire come si sta consolidando la crisi delle vendite di abbigliamento e scarpe: al Trionfale come a Talenti, ecco alcuni negozi di qualità medio-alta che dedicano un’ala delle loro strutture a una parolina magica: outlet. Perché per aggirare la crisi - reale o psicologica - molti romani spesso prendono la macchina alla ricerca di brand importanti, ma a basso costo, e vanno a Castel Romano o Valmontone. Allora alcuni negozianti hanno deciso di portare l’outlet dietro le loro vetrine. Infine - spiega un negoziante - per capire cosa sta cambiando a Roma e nel nostro settore, guardate piazza di Spagna: da una parte Cristian Dior, dall’altra Yves Saint Laurent. E poi la nuova sede di Gucci. Cosa significa? La crisi dei consumi sta mettendo in ginocchio i negozi di fascia media. L’alta moda, il lusso, continua per ora a volare. Così come tiene il settore della moda low cost, dei grandi marchi, anche stranieri, che hanno invaso Roma. Soffre la classe media, soffrono i negozi di abbigliamento e di calzature di fascia media. Semplice.
Ciò che abbiamo di fronte - dicono i commercianti - è qualcosa di inedito. E’ una crisi strutturale, un mutamento delle abitudini delle famiglie, aggravato dall’effetto psicologico della crisi finanziaria di questi giorni. E che rischia di mietere molte vittime, fra i piccoli negozianti e fra quelli che all’interno dei grandi centri commeriali. Cambiamento delle abitudini. La Confcommercio nei giorni scorsi ha messo on line una ricerca che è su scala nazionale, ma ben fotografa anche la realtà romana. Alla voce ”consumi per abbigliamento, alimentari, elettrodomestici” racconta che nel 1970 le famiglie dedicavano il 55,8 per cento delle spese. Vent’anni dopo quella cifra fetta si è ristretta, di dieci punti, nel 1990 rappresentava solo il 46 per cento. Nel 2000 continua a scendere, è al 39,4 per cento. Bene, quest’anno è solo il 36,2 per cento. Ma se è sempre più piccola la fetta della torta totale delle spese legate ad abbigliamnto, alimentari ed elettrodomestici, dove si spende di più? Secondo la Confcommercio c’è stato un incremento costante per vacanze e pasti fuori casa, dal 16 per cento del 1970 al 21 per cento di oggi e dei consumi obbligati, vale a dire bollette, assicurazioni e mutui, passati dal 19 al 25 per cento. Si potrebbe raccontarla anche in un altro modo: un tempo le famiglie pagavano la luce, il gas, il telefono, il mutuo e l’affitto e dedicavano il resto alla cena e all’abbigliamento. Oggi alla fine del mese c’è la rata della tv a pagamento, quella dell’Adsl, magari pure il canone del telefonino se si è scelto l’abbonamento. E la fetta di torta per l’abbigliamento si assottiglia. Così, una volta acquistato il necessario per sè e per i figli, tutto il resto nel nostro settore diventa superfluo. E viene tagliato. I dati pubblicati dall’Istat e dal Censis sui consumi confermano questa fotografia.
Ma dai numeri alla vita reale, ci sono poi altri segnali che raccontano - quanto meno - una frenata nella propensione ai consumi. Raccontano alcuni negozianti: C’è un ritorno a fenomeni che erano più legati al passato, come i banchi dell’usato, dei capi di abbigliamento usato. Sono ovviamente ancora fenomeni minori, ma danno anche questo il segno di ciò che sta avvenendo. 

giovedì 4 dicembre 2008

rosa shopping

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di Mauro Evangelisti
Un tempo, quando c’era la crisi, ci dicevano di tirare la cinghia. Oggi no. Ci dicono di toglierla, la cinghia. E di buttarla dalla finestra. Di comprarcene un’altra. Anzi due, possibilmente di pitone e griffate, possibilmente costose. C’è la crisi? Consumate e fate poche storie. E’ l’imperativo che si insegue fra gli Stati Uniti e l’Europa, fra gli scaffali di Macy’s a New York e i parcheggi imbottiti di un centro commerciale sulla Tuscolana, a Roma. In apparenza, è l’identikit di un paradosso. Ma come? Negli Stati Uniti si ritrovano con le toppe nel sedere perché c’è stato chi ha comprato case da un milione di dollari ma non guadagnava neppure mille dollari al mese; gli americani sono indebitati fino alle sopracciglie con la carta di credito con la quale pagavano i debiti di un’altra carta di credito con la quale pagano i debiti di un’altra carta di credito. Eppure, sapete che c’è? Continuate a comprare e a spendere, altrimenti l’economia - dicono - si ferma. E’ come una corsa impazzita, sembra il bus con la bomba del film “Speed” destinato ad esplodere se rallenta, ma con grosse possibilità di finire contro un muro perché va troppo forte. Se compri ti indebiti, ma se non compri l’economia va in crisi e perdi pure il lavoro. Nelle nostre famiglie, quando c’erano pochi soldi e si faticava a pagare le rate della Fiat 124, ci dicevano: non fare spese inutili, non buttare via i soldi, risparmia. Si sbagliavano. Comprate, comprate, comprate. E così l’eroe di questo Natale contro la crisi è Jdimypai Damour, 34 anni. Chi è? Era il commesso di uno degli store della Wal-Mart che, venerdì in un sobborgo di New York, è morto. Travolto dalla folla accorsa per il primo giorno dello shopping natalizio.

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