giovedì 26 giugno 2014

i corti che escono su move 11/ l'agenzia di viaggi

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

L'agenzia di viaggi Anche oggi l'aria condizionata nelle due ali dell'agenzia di viaggi che si affacciano sul corso è troppo alta. «Un disastro, non si riesce a regolarla», si scusa una ragazza bruna, gli occhiali troppo sottili per il cerchio del viso. Di fronte è seduto un uomo dai capelli bianchi, radi ma ben pettinati. Ogni tanto si passa la mano sulla testa, per essere certo che non vadano fuori posto. Ha un completo chiaro di lino che ha vissuto tempi migliori, una cravatta azzurra su una camicia bianca e risponde: «Non si preoccupi. Comunque, come le dicevo l'altro giorno i tre resort che mi ha proposto, a Hurgada, sembrano belli. È difficile scegliere. Sa, a mia moglie piace il mare, ma vorrebbe anche spendere un po' di tempo in piscina». «Guardi, per la piscina tutti i nostri clienti mi hanno parlato molto bene di questo» e indica un depliant che riproduce foto di una coppia di giovani circondati da tavoli con frutta e bevande e sullo sfondo una sterminata distesa di acqua blu cobalto. «Ma non è più adatto a ragazzi? Mia moglie e io non abbiamo nulla contro i giovani, per carità, ma non vorremmo trovarci fuori posto». «No, stia tranquillo, è uno stupendo resort con gestione italiana, anche la cucina vedrà è fantastica, si mangia davvero bene». «Allora vada per questo, penso che a mia moglie piacerà. Senta, sono preoccupato per il volo? Sa, questi charter sono sempre una scommessa. E se optassimo per un volo di linea?». «No, mi dia retta, con il charter spende meno. E questa è una compagnia molto affidabile. Non ha mai avuto problemi. Si fidi». «D'accordo, in fondo in tanti anni con la vostra agenzia non ho mai avuto delusioni. A parte quella volta in Guatemala...». «Eh, lo so, me l'ha raccontato mio padre, ma non potevamo prevedere dieci giorni di acquazzoni». «Lo so, lo so» sorride. Dalla scrivania a fianco l'altra impiegata lancia uno sguardo di commiserazione alla collega, come dire «certo che questo cliente è proprio noioso». «Senta, vuole bere qualcosa intanto che le preparo tutti i documenti? I suoi dati li ho. Se vuole posso offrirle un tè freddo o del caffè». «Ma no, non si disturbi. Semmai passo dopo a prendere i documenti. Prima pago, ecco la mia carta di credito». Mentre aspettano che la macchinetta della carta di credito stampi la ricevuta, l'uomo spiega: «Ora vado in libreria a comprare una guida dell'Egitto. Lo so, mi prenderà in giro, la Lonely Planet per andare in un resort è eccessiva. Ma a noi piace viaggiare informati, ci conosce». «Vi conosco bene, avete fatto viaggi stupendi. Ormai avete visto tutto il mondo». Ridono, poi il signore saluta e se ne va. L'altra impiegata allarga le braccia: «È proprio pignolo, questo. Una brava persona per carità, però che palle». «Tu sei nuova, altrimenti lo conosceresti. Da quando papà aprì l'agenzia, lui e la moglie sono stati i nostri migliori clienti. Guarda, ti faccio vedere una cosa, è uno schema che mi ero preparata tempo fa. Questa è la lista di tutti i viaggi che hanno fatto dal 1980 a oggi. Vedi? Perù, Australia, Tahiti, Messico, Marocco, Cambogia... Ogni anno un viaggio differente, quando erano giovani cose più avventurose, poi con il tempo più tranquille. Papà mi ha spiegato che sono sempre stati viaggiatori attenti, studiano le destinazioni, gli itinerari. In gamba, non superficiali». «Ma scusa, tu schedi tutti i clienti?». «No, c'è una ragione se l'ho fatto. Cinque anni fa mi arriva la segnalazione della compagnia di viaggi a cui c'eravamo appoggiati. Mi spiegano: i tuoi clienti non si sono visti. Chiamo il signore a casa, lui non mi risponde. Lascio perdere, avranno avuto dei problemi, penso. Cinque mesi dopo, lo stesso. Lui compra il viaggio, organizza tutto in modo meticoloso, come sempre. Paga e ringrazia, non mi dice nulla della volta precedente, io non faccio domande. Ma poi non vanno. Quando gli chiedo se ci sono stati dei problemi, lui cambia discorso. Ogni quattro o cinque mesi organizza e acquista un nuovo viaggio, paga puntuale, però non vanno mai. Io non capisco, ma non ho più il coraggio di fargli domande. Fino a quando, per caso, dall'agenzia lo vede uscire mia cognata, che fa l'infermiera in oncologia. Mi spiega: sai quello che è appena andato via? Cinque anni fa ha perso la moglie, era ricoverata da me, poverino, erano così innamorati. E allora capisco tutto: lui continua a organizzare meticolosamente i viaggi, li acquista per sé e per la moglie, come se nulla fosse mutato. Io non so cosa fare, mi sembra di rubargli i soldi. Ma alla fine penso che sia giusto assecondarlo. E cerco le migliori offerte, le migliori strutture, come se partissero davvero. Il resort a Hurgada è davvero il migliore, la compagnia aerea sul serio è affidabile. Faccio tutto come se la moglie fosse ancora viva e partissero davvero. Forse sbaglio. Forse no»

sabato 14 giugno 2014

quelli che quando parti ti chiedono la tazza di starbucks

Viaggi e vacanze, voi che presto salirete su un aereo a Ciampino o Fiumicino prima dovete scansare alcune categorie di persone.

di Mauro Evangelisti

La prima: quelli che ovunque siate diretti vogliono imporvi una lista di luoghi che dovete «assolutamente» visitare. Devi «assolutamente» vedere quell’antica casa di legno (sì, 10 ore di volo per una casa di legno), quel fantastico museo di antiche porcellane bulgare (non è esattamente quello che avevi in mente).
Quando tornerete e vi metteranno sotto esame, reagiranno malissimo se risponderete «non ci sono stato»; vi guarderanno schifati, «ma come sei andato a Ibiza e non ha visitato il museo di antiche porcellane bulgare?».

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sabato 7 giugno 2014

i corti che escono su move 10/ il giorno della partita dei mondiali

copia e incolla da move magazine


di Mauro Evangelisti

Il giorno della partita dei mondiali
La stanza dell'ispettore della questura che li ha convocati è troppo piccola. E fa caldo. Manetti suda, mentre la signora di colore, con un vistoso abito rosso, ha gli occhi umidi. L'ispettore si tira indietro i capelli e riprende a parlare: «Allora, signor Manetti, è la terza denuncia che ci ha presentato per i rumori causati dai vostri vicini. Vedo che qui si gioca a pallone, nel cortile e perfino in balcone, anche quando lei deve dormire. Conferma signor Manetti?». «Confermo. Confermo. È da due anni che va avanti questa storia, io lavoro, faccio il commercialista, devo riposare ogni tanto, no?». «Lei signora come si giustifica? Sa, non so da voi, ma in Italia ci sono regole da rispettare». La signora tira su con il naso, forza se stessa per restare calma: «Lo so e io ho sempre rispettato la legge, lavoro, faccio la cuoca, può chiedere al mio titolare». «Cucina senegalese?» la interrompe l'ispettore. «Ma no, cucina italiana - quasi piange - comunque mio figlio ha dieci anni, a volte gioca, come i bambini di quella età. Però faremo più attenzione. E sto cercando un'altra casa, così il signor Manetti sarà contento». Manetti, rimasto in silenzio e infastidito dai modi dell'ispettore, ribatte: «Guardi, signora che non deve fare un favore a me, ovunque andrà ad abitare ci saranno regole da rispettare».
Il giorno dopo Manetti torna a casa dall'ufficio, con la gamba che come al solito gli fa male, e siede sul balcone a fumare il sigaro. Suo figlio, che abita a Londra, da una settimana non lo chiama. «Telefona più spesso alla madre, ma è lo stesso» riflette. Da dieci anni è divorziato e vive solo. Ormai è tardi per rifarsi una vita. Sul balcone vicino, quello dove abitano mamma e figlio senegalesi, c'è il bambino, Rudy, che lo guarda come in segno di sfida. Poi comincia a muoversi, come in una danza, calcia l'aria, mima i gesti e i movimenti di un calciatore. Senza pallone, in silenzio. Una sottile forma di protesta contro l'intolleranza di Manetti. «Va bene, ho capito, sei molto simpatico» lo applaude sarcastico Manetti. Rudy si ferma, lo fissa e gli risponde: «Non dovevi fare piangere mia mamma. Potevi dare una sberla a me, ma non far chiamare mia mamma dalla polizia». Manetti sente il colpo e chissà perché lo sguardo di Rudy si confonde con quello del figlio, quando era bambino, e di quello da grande, da impiegato nella city di Londra che non chiama quasi mai il padre. «Se proprio lo vuoi sapere - risponde Manetti - quando mio figlio era piccolo aveva delle regole e le rispettava». «Però non viene mai a trovarla». Ma che ne sai tu, nero del cazzo, vorrebbe rispondere Manetti. Ma poi si trattiene e si limita a dire: «Va bene, va bene, comunque tua madre ha detto che cambierete casa, non litigheremo più» e rientra in casa. Accende la tv nuova da 42 pollici che ha appena acquistato perché tra un po' cominciano i mondiali di calcio.
Oggi gioca l'Italia e Manetti sta rientrando a casa. Vuole prepararsi un piatto di spaghetti e stare tranquillo, vada come vada la partita. Ormai gli sono rimasti pochi, pochissimi piaceri nella vita. Mentre fa le scale, sente però in lontananza la voce dei vicini. «O no, ci risiamo» pensa. «Dai Rudy, vieni in casa. Domani la faccio aggiustare la tv». «Domani è tardi, l'Italia gioca adesso». Lo trova seduto sul pianerottolo, con la testa tra le gambe. Manetti lo guarda e infierisce: «Ma che ti interessa a te dell'Italia? Mica gioca il Senegal». Rudy, senza guardarlo, risponde: «Guarda che io sono nato in Italia e in Senegal non ci sono mai stato, se proprio lo vuoi sapere». Manetti entra nel suo appartamento, accende la tv, mette sul fuoco l'acqua a bollire e poi si vede, per caso, allo specchio. E osserva un signore di sessantacinque anni che si appresta a guardare la partita. Un bambino, la fuori, invece non la può vedere. «Merda». Esce, nemmeno rivolge la parola a Rudy e suona alla porta della vicina. Lei apre, lo squadra e sospira: «Che ho combinato stavolta? Guardi che Rudy ora lo faccio rientrare e comunque non sta facendo rumore». «Senta, lei sostiene di essere una brava cuoca, no? Facciamo un accordo. Non mi va di cucinare. Se lei prepara gli spaghetti, Rudy e io ci guardiamo la partita sul mio televisore nuovo». Lei è diffidente, Manetti le sorride per dire "per una volta facciamo una tregua". Quindici minuti dopo la vicina senegalese è nella cucina di Manetti a preparare penne spaghetti al ragù, Manetti si sente un re sul divano ed è contento perché ha già capito che Rudy di calcio ne capisce e quindi avrà qualcuno con cui commentare seriamente la partita. E dalla cucina sta arrivando un buon profumo. Poi Rudy si alza in piedi, c'è l'inno dell'Italia, lui lo canta. Stanno cominciando i mondiali.

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