domenica 17 maggio 2015

i corti che escono su move magazine 28/ un eroe dei nostri tempi

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

Un eroe dei nostri tempi


Ho sentito l'aria muoversi, la pallottola accarezzarmi un braccio, ho capito che dovevo correre e saltargli addosso prima che sparasse un'altra volta. Ho sperato che non mirasse al bambino, che la gente dentro al centro commerciale fosse riuscita a mettersi al riparo, «correte via» avevo urlato, quando avevo visto il tizio puntare la pistola e iniziare a sparare alla cieca. E poi ricaricare e poi sparare ancora. Qualcuno doveva fermarlo, e io sono un agente della vigilanza del centro commerciale. C'era un gruppo di bambini, sono corso, ho urlato, ho sentito la carezza della pallottola, e alla fine gli sono saltato addosso e quasi l'ho schiacciato con il mio peso. La pistola è schizzata via, l'ho tenuto fermo. Ci sono stati venti secondi di silenzio, poi prima piano, infine scrosciante, c'è stato un applauso. Ero un eroe. Qualcuno aveva ripreso tutto con un cellulare, il video è stato trasmesso anche dalla Cnn. Per tre giorni ho dovuto parlare di fronte alle telecamere, rispondere alle telefonate dei giornalisti, stringere la mano al sindaco che mi ha premiato, incontrare il primo ministro che mi ha detto «il paese per rialzarsi ha bisogno di persone come lei». Quando andavo al bar a prendere il caffè gli altri clienti mi stringevano la mano, quasi commossi. Io non avrei voluto tutta questa luce su di me, avrei voluto solo partire per le ferie come era già stato programmato prima che tutto accadesse, ma i capi della società di vigilanza e quelli del centro commerciale mi avevano spiegato che non potevo tirarmi indietro. La società di vigilanza e il centro commerciale erano entrambi in crisi, con la pubblicità che questa storia stava regalando avrei salvato molti posti di lavoro, mi dicevano. E io non me la sono sentita di dire no. Un giorno un giovane politico della minoranza del Pd con la erre moscia ha detto in TV «il sindaco non si faccia strumentalizzare da una guardia giurata in cerca di pubblicità», una giovane politica di destra ha detto in TV «la guardia giurata non si faccia strumentalizzare dal sindaco». E l’indomani sulla prima pagina della cronaca cittadina di un quotidiano è apparso il commento di un giornalista: «Ma si può dire che non ne possiamo più del presenzialismo della guardia giurata? Questa città non ha bisogno di eroi, ma di persone che lavorino in silenzio, apprezzando la bellezza dei suoi tramonti». Non ho capito cosa volesse dire. Su Facebook ho cominciato a notare le prime frasi strane «basta con questo cavolo di vigilante», «ma voi pensate che sia davvero una storia vera? Il centro commerciale stava per fallire, hanno inventato tutto», «è stato un incosciente, se quello avesse sparato ai bambini?». All'ultimo post ho risposto. Ho scritto: «Ma che cazzo dici? Quello STAVA per sparare ai bambini». Il mio capo si è infuriato, «non devi usare quel linguaggio». Su Facebook molti mi difendevano, ma i messaggi cattivi aumentavano, se prima erano 95 a mio favore e 5 contro, ora erano 60 e 40. «Si è montato la testa». Io in realtà avrei semplicemente voluto che non si parlasse di me. Un giorno mi ha aspettato fuori da casa di mia madre un comico di un programma satirico, ha cominciato a inseguirmi con il microfono, chiedendomi se fosse vero che era tutta una messinscena per salvare il centro commerciale, io sono scappato perché non ne potevo più di rispondere alle domande e perché mi cresceva la rabbia, mi sentivo insultato. Ma lui mi ha rincorso al bar, perfino al gabinetto, alla fine gli ho risposto, ma nella foga ho sbagliato un congiuntivo. Il programma ha mandato in onda il mio errore, con le risate finte sotto. Su Facebook tutti lo hanno condiviso. Paola, la mia fidanzata, mi ha lasciato, un po' perché la nostra storia era già zoppicante, un po' perché non sopportava il casino che ci perseguitava quando uscivamo insieme. Il mio capo della società di guardie giurate mi ha preso da parte, mi ha detto che al centro commerciale non potevo più lavorare perché tutto stava diventando molto imbarazzante, non se la sentiva di mandarmi via ma mi ha chiesto di cercarmi un altro posto. Un giorno un ragazzo con il codino, vicino al negozio di telefonini del centro commerciale, ha cominciato a urlarmi «ma guarda sta merda di violento che stava per fare uccidere i bambini, a Rambo tornatene a casa», la gente che passava restava indifferente, ma qualcuno ha detto che il tipo aveva ragione. Un altro si è messo a riprendere con l'iPhone la scena, io sono divenuto rosso in faccia e l'ho spinto a terra. La sera stessa anche quel video era ovunque: su Facebook, sui siti Internet, al telegiornale. La domenica, in un programma di un network privato, una presentatrice illuminata come fosse la Madonna mi ha insultato, ha detto che avrei dovuto chiedere scusa e che anche il sindaco avrebbe dovuto vergognarsi per avermi premiato. Sullo sfondo c'era la mia foto gigante e la scritta "Finto eroe". Il giorno dopo il mio capo mi ha spiegato che non poteva più difendermi. Sono finito a fare il guardiano in questo quartiere industriale. La notte lavoro, il giorno dormo, e la mia vita è tutta qui. Ora capisci perché, quando ti ho sorpreso mentre aprivi la cassaforte di questa fabbrica e mi hai offerto, quasi piangendo, di fare a metà, ti ho detto di sì?

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