mercoledì 10 giugno 2015

i corti che escono su move magazine 30/ l'amore ai tempi delle foto di carta

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

L'amore ai tempi delle foto di carta

Nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno, quando ormai da venti mesi vivono insieme, Paride le dice che vuole tornare dalla moglie, è stato un errore lasciarla. Carla non lo ascolta più, sta elaborando una rapida contabilità di quindici anni di fallimenti: il fidanzato dei tempi dell’università che la lasciò mentre erano in vacanza a Santorini; il professore che la corteggiò con intelligenza e leggerezza, poi si trasformò in uno psicopatico, fu costretta a denunciarlo per stalking; l’iscrizione al sito per rimediare sesso e sentirsi meno sola, si cancellò dopo che uno le lasciò sul comodino 300 euro. Fino all’incontro con Paride, l’agente immobiliare che l’aveva aiutata ad affittare l’appartamento, che le aveva parlato per ore del suo matrimonio che si era trasformato in un incubo di inutilità, gli abbracci, le fughe, lui che lascia la moglie, l’idea di fare un figlio, la casa insieme. Ed ora Paride se ne va. In fondo l’aveva previsto. Esce dal ristorante senza dire nulla. Fuori, in un vicolo, si accascia a terra e piange. Una mano delicata sulla spalla. Alza lo sguardo, è un ragazzo, le parla con un accento inglese, un turista, le chiede se può aiutarla. Forse tutto è successo per arrivare a questa scena, all’incontro con gli occhi miti di quel ragazzo, lei gli racconta tutto, lui la butta a terra, le salta addosso, non erano occhi miti, erano da ubriaco. Gli sferra una ginocchiata, corre alla macchina e va da Raffaella, l’amica dai tempi del liceo che le chiede scusa per la confusione, ma i due figli sono dei pazzi furiosi. Ridono. Carla racconta cosa le è successo, conclude che a 35 anni è attesa da una caduta libera, da sola. «Certo che sei proprio sfigata – dice Raffaella – qualcuno deve averti lanciato una maledizione, una stregoneria…». Raffaella lo dice per allentare la tensione, ma Carla si alza, l’abbraccia e se ne va. «Devo scappare». A casa apre i cassetti, trova un vecchio album. 1998, ultimo anno del liceo, allora si stampavano ancora le fotografie. Eccolo: Edoardo, anzi Edo come lo chiamavano in classe. Ottimo giocatore di basket, non brutto, timido, ma poco interessante pensava Carla. Nessuno se ne accorse, ma per tre anni le chiese di diventare la sua ragazza; fiori, cd, inviti a cene nelle quali parlavano a lungo. Ci fu solo una volta che lo baciò. Il giorno dopo Edo andò a cercarla a casa, con un regalo. Lei si era pentita di quel bacio: «Ieri ho fatto una cazzata.
È meglio se non ci vediamo più da soli». «Ma io ti amo». «E io no, cosa ci vogliamo fare?». Lui si voltò per nascondere le lacrime, si avvicinò al cancello poi le puntò il dito: «Tu non sai amare chi ti ama, infelice, sempre. Non troverai la persona giusta, non la sai riconoscere. Ti piace solo la merda e sarà sempre così. Tra quindici anni ti ricorderai di queste parole». Edo cambiò scuola. Non lo vide più. In meno di trenta minuti, incrociando amicizie comuni, profili Facebook, numeri telefonici in rete, Carla trova l’indirizzo di Edo. Scopre che ripara le caldaie, che è single, che ha militato nel Movimento 5 Stelle ma poi ha litigato con gli altri attivisti. «Lo stesso brutto carattere», pensa. Carla va a casa sua, suona, una, due, tre volte. Si presenta un tipo con i jeans, la maglietta con il nome della ditta di caldaie, la pancia, la barba lunga, capelli spettinati. «Se è per la caldaia deve passare in ufficio. Che è sempre qui, ma oggi non lavoro». «Edo, sono Carla, ti devo parlare». A lui casca la mela che ha in mano. La fa entrare e Carla vede quotidiani per terra, piatti e panni sporchi. «La donna delle pulizie viene domani». «Non importa. Ti devo chiedere un favore: annulla la maledizione». «Hai la caldaia rotta?». «No, cazzo, la maledizione, la frase che mi dicesti quindici anni fa, che mi sarebbe andato tutto male con gli uomini e che mi sarei ricordata di quello che stavi dicendo. Beh, sta succedendo. Te lo chiedo con il cuore in mano, ti pago: se era una maledizione, annullala, perché sta funzionando». Carla piange, quanto è stupido ciò che sta dicendo.
Edo gelido: «Ti sembra che a me le cose siano andate meglio? Mi vedi? Dimostro dieci anni di più, guarda in che appartamento vivo. E tutto perché sono ancora convinto che quella fosse la nostra occasione e non ne avremo un’altra. Vattene, è stata tutta colpa tua». Carla emette un ultimo singhiozzo, apre la porta. «Fermati, fermati – le dice lui – senti, io ti amo ancora e ti amerò sempre. Non voglio il tuo dolore. Magari è una cosa stupida, ma se ti può servire, beh, lo dico: ti tolgo la maledizione, sarai felice, incontrerai l’uomo giusto». Carla sussurra «grazie» e va via. Edo si siede sul divano, accende la tv, su Sky Sport ci sono le semifinali dell’Nba, piange, come non aveva mai fatto da quindici anni. Di nuovo il campanello. Apre, è Carla. Lo abbraccia, lo bacia, lo trascina fino al divano, sembrano due diciottenni. La maledizione non c’è più, Carla ha riconosciuto l’uomo giusto. Pare.

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