mercoledì 15 luglio 2015

i corti che escono su move magazine 32/ quinto piano

copia e incolla da move magazine

di Mauro Evangelisti

Quinto piano
Verso il contenuto di un barattolo di ceci in un piatto di plastica per non dovere poi lavare quello di ceramica. Ci aggiungo un po' di olio e li mangio con dei cracker. Quando ho finito, getto tutto nella pattumiera e dal frigo prendo dello yogurt alla fragola. Questo è il mio pranzo. Mi stendo sul divano, accendo la tv, mi fermo su un programma che parla dell'attacco dei giapponesi a Pearl Harbor. Lascio l'audio in sottofondo, mi metto supino e chiudo gli occhi, per un po' ascolto, poi mi addormento. Amo il mio giorno libero dal lavoro, penso prima che il sonno prenda il sopravvento. Mi sveglia il suono, acuto, del campanello. Tre driin, poi due colpi alla porta decisi. Non viene mai nessuno a casa mia, cosa sta succedendo? Decido di non aprire, ma i colpi alla porta si fanno più violenti. Mi alzo, chiedo chi è, mi risponde una voce dal vago accento straniero. «Apra, mister Antonio, è importante». Apro, la voce è rassicurante. L'immagine che si presenta meno. Un uomo enorme, almeno due metri, robusto, con i capelli lunghi legati in una coda, i lineamenti asiatici. Indossa un completo scuro. Indossa occhiali con una montatura nera che mitigano l'aggressività dell'aspetto. Vicino a lui c'è un gatto scuro, ma non è un gatto normale. È molto grande, quasi come un leoncino, ma so che è un gatto. «Dobbiamo parlarle di un argomento di estrema importanza, però è meglio se chiudiamo la porta». Mi gira la testa, so che non sto dormendo e dunque non sto sognando, ma a parlare è il gatto, non l'omone asiatico. E visto che la voce è la stessa, aveva parlato lui anche quando la porta era chiusa. Mi rivolgo all'omone, perché mi pare assurdo dialogare con un gatto e gli chiedo: «Ma cos'è? Un pupazzo? È qui per vendermelo? Io non ho bambini». Il gatto sbuffa come se gli stessi facendo perdere tempo, l'omone si limita a rispondere: «Si chiama Murakami ed è un gatto vero». Poi lui e il gatto si siedono sul divano, mentre io resto in piedi. «La cosa di cui dobbiamo parlare è di estrema importanza - dice il gatto - per cui per favore non perdiamo tempo con particolari secondari. Concentriamoci su ciò che è davvero interessante». Prendo una sedia e ascolto, non so cosa altro si debba fare quando un gatto ti parla. «Lei mister Antonio conosce la signorina Paola, vero? Siete stati fidanzati tredici mesi, se non sbaglio. E vi siete lasciati....mi faccia pensare...». Alza gli occhi verso il cielo, come se stesse facendo un calcolo. «47 giorni fa» gli suggerisce l'omone, sussurrando. «Sì, 47 giorni fa». Io inizio a tremare, parlare di Paola mi fa questo effetto, non perché la ami ancora, ma per quello che è successo dopo che ci siamo lasciati. «In realtà lei ha lasciato la signorina Paola - prosegue il gatto - e ciò che è successo dopo è assai spiacevole». Il gatto fa una pausa, non capisco se è perché anche lui è addolorato o perché ha perso il filo del discorso. «Dal quinto piano» sussurra l'omone. «Sì, ecco, la signorina Paola si è gettata dal quinto piano. È da allora è in coma. Noi ipotizziamo che l'abbia fatto perché lei l'ha lasciata, per quanto appaia irragionevole che qualcuno possa ritenere uno come lei, mister Antonio, così importante». «E anche lei, mister Antonio, pensa che si sia gettata dal quinto piano per il dolore causato dalla sua decisione di interrompere la vostra storia» aggiunge l'omone. Restiamo in silenzio, per alcuni minuti, sul mio viso scorrono delle lacrime, ma non le asciugo. Riprende a parlare il gatto: «Ora le diamo la possibilità di rimediare. Andrà a recuperare la signorina Paola, la convincerà a risvegliarsi dal coma. Solo lei può farlo». Sono salito in macchina con loro, una vecchia Fiat Multipla, ci siamo seduti tutti e tre davanti. L'omone ha guidato lento e senza scossoni per un paio di ore, durante le quali siamo rimasti in silenzio, mentre il lettore cd ha trasmesso tre differenti album di Laura Pausini. A un certo punto non ho riconosciuto il paesaggio. Ci siamo fermati ai margini di un bosco. «Vada, la troverà». Ora siamo circondati da alberi altissimi. Paola ride: «Ma tu pensi che mi sia gettata dal quinto piano per te?». «Ma anche il gatto lo pensa...». «Chi?». «Niente, niente, comunque io volevo chiederti di tornare, di risvegliarti». Lei ride più forte. «Ma tu non c'entri nulla, io stavo con te perché non avevo alternative. Ma mica ti amavo. Quando mi hai lasciato, ho semplicemente realizzato che ero davvero sfortunata, perché nella mia vita non succedeva mai nulla di bello, e perdevo perfino un uomo inutile come te. Tutto qua. E tu non puoi certo chiedermi di risvegliarmi. Deciderò io se farlo, e ancora non ho deciso». Se ne va, io resto solo nel bosco, più oscuro di prima. Non si è gettata dal quinto piano per me, penso. Nessuno si getterebbe dal quinto piano per me. Mi sento irrimediabilmente inutile. Voglio restare in questo bosco. Mi ritrovo steso sul divano. Mi alzo, vado sul balcone, piove. Siamo al quinto piano.

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